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A Brescia solo per i fratelli, gli ultras granata mettono il silenzioso anche a Pasquetta

BRESCIA. È stata solo la festa dell’amicizia rinnovata e niente di più. Tra un birra e un panino col salame, con il raccontarsi di un gemellaggio consolidato nuovamente, anche oggi che la Salernitana è rimasta orfana del suo dodicesimo uomo. Una Pasquetta insolita, sia per chi è rimasto a casa e ha preferito festeggiarla tra una grigliata con gli amici e con Dazn di sottofondo, sia per chi ha raggiunto il Rigamonti di un Brescia che invece sta già sognando la massima serie. E ai tifosi granata non è rimasto che sognare con i “fratelli” e applaudire loro, il calore, il tifo, i cori. Quei cori che però nel settore ospiti sono mancati. Un altro match in silenzio, un’altra partita povera di emozioni dagli spalti. Sarà stata la poca presenza, sarà stata la tensione dell’ultimo periodo, la diserzione, le contestazioni, i comunicati stampa, i gruppi che “sfilacciano” la corda a suon di botta e risposta sui social, davanti all’Arechi, tra le righe di qualche dichiarazione lasciata qua e là.
“La nostra unione sarà sempre più stretta, rendiamo onore agli ultras della Leonessa” firmato Curva Sud Siberiano. Quella curva – secondo quanto già sottolineato nei giorni scorsi – è oramai ridotta all’osso e lo si vede non solo dai numeri – che è pur vero che contano – ma dalle emozioni che lascia trasparire. O meglio non lascia trasparire più. Inutile ribadire che mai come in quest’anno sarebbe bastato solo l’entusiasmo a tenere in vita una piazza così calda come quella di Salerno, anche questo risulterebbe ripetitivo. La piccola nota di emozione di questo Brescia- Salernitana è il ricordo del giovane Mario Landi, il tifosissimo che ha perso la vita pochi giorni fa, vittima di un incidente stradale. Atmosfera che si riscalda solo grazie ai tifosi delle rondinelle e che si colora nettamente di bianco-azzurro con una coreografia che avvolge tutta la curva Nord al fischio di inizio. Granata che rispondono (e poco) soltanto agli applausi e ai cori che sottolineano la fratellanza con i tifosi bresciani. È stata una festa, sì. Ma una festa a cui gli ultras hanno soltanto assistito, stringendo le mani a quelli che sono i compagni di una vita, seguendo ancora una volta (seppur in pochissimi) una squadra sovrastata – a onor di cronaca – da un Brescia che ha dato la dimostrazione di essere più che pronto per le pole position della serie A, abbandonando così la cadetteria che la Salernitana invece sta provando a tenere stretta.

Così come questa Salernitana dovrebbe tenersi stretta questi tifosi o forse riconquistarli. La sensazione è che chi ha raggiunto la terra lombarda lo abbia fatto come forma di rispetto, perché gente di valore, quei valori difficilmente li tradisce. E forse l’amicizia, il gemellaggio, rientra tra questi. Nemmeno la rabbia per quel goal e l’esultanza dell’ex Alfredo Donnarumma, tanto rimpianto a Salerno soltanto adesso che scala la classifica dei capocannonieri di serie B. Inermi i tifosi granata hanno dovuto partecipare alla festa, seduti sugli spalti del settore ospiti anche durante tutta la seconda fase di gioco, che ha visto il Brescia padrone assoluto del gioco. Loro che seduti non lo sono stati mai. Ci si aspetta unità di intenti allora – a questo punto – soltanto per spegnere le 100 candeline, ma la torta non sarà così dolce come si sperava. Non sono bastati incontri, riunioni, contestazioni. La netta posizione di un gruppo rispetto all’altro. Il dato è che la Salernitana è sola più che mai, tra indecisioni e il poco equilibrio. E si sa, chi non sta in equilibrio rischia di cadere. Come al solito invece – per quanto riguarda questa squadra – il silenzio ha fatto da padrone. Solo applausi, poi, guardando quella curva Nord che un tempo fu più Sud e colorata di granata come non mai. Adesso si dovrà soltanto capire se l’Arechi sabato sarà nuovamente il “fantasma” di un’opera di cui – a quanto pare – si conosce già il finale

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