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Colombo e quel gol a Lecce: “Ancora oggi lo riguardo. I festeggiamenti col Barletta mi costarono una spalla”

Una storia instagram con un Arechi ‘happy’ per il derby con la Casertana alla fine di un campionato vincente. L’ex Riccardo Colombo ha testimoniato così, qualche giorno fa, l’amore per i colori granata. Un amore confermato nella nostra diretta: “Il 9 maggio 2015? Quella Curva vista così era da Serie A, momenti bellissimi con una scenografia pazzesca, vivemmo un mese di festeggiamenti: è uno dei ricordi più belli della mia carriera calcistica. Non fu facile vincere quel campionato, c’erano Benevento, Foggia e altre squadre forti. Ci fu qualche difficoltà interna col cambio in panchina. Siamo riusciti a compattarci, il pubblico ci ha dato una mano, abbiamo fatto parecchi gol sotto la Curva Sud, parecchie rimonte, la spinta dei tifosi è stata fondamentale. Non capita spesso percepire l’attaccamento della gente anche andando in giro per la strada”. Quella stagione (2014/15) cominciò però in maniera strana, al neo tecnico Mario Somma fu dato subito il benservito dal management granata che poi scelse Leonardo Menichini: “Mister Somma mi portò a Salerno, mi chiamava spesso e mi volle fortemente. Venivo dalla B, ero svincolato, lui mi voleva già a Trieste: accettai e fu esonerato dopo una settimana. Ero scettico nello scendere di categoria, ma mi ha illustrato la voglia di vincere di una piazza come Salerno, dove avevo giocato solo da avversario. Forse ha avuto divergenze col direttore, erano due caratteri forti e non sono riusciti ad andare sulla stessa strada. Menichini è stato uno dei miglior che ho avuto nella gestione del gruppo, fu bravo a farci remare nella stessa direzione. Fortunatamente l’annata è andata bene. Ogni tanto lo sento ancora, ci facciamo qualche chiamata di cortesia, siamo rimasti in ottimi rapporti. La Primavera della Lazio è perfetta per le sue capacità. Però, secondo me, avrebbe meritato almeno di provare a iniziare un campionato, è tornato tante volte e si vedeva che aveva trovato il feeling giusto anche con la piazza, cosa importantissima a Salerno. Una chance gliel’avrei data, si è dimostrato competente, tornare tre volte e raggiungere sempre l’obiettivo non è facile”.

I due big match vinti di seguito contro Benevento e Lecce (proprio con gol di Colombo) furono, secondo l’ex Reggina, la svolta verso il trionfo: “Sapevamo che se avessimo vinto lo scontro diretto in casa col Benevento il campionato sarebbe stato nostro. In settimana percepivamo che la gente avrebbe voluto vincere. Ci mostrarono un video prima del match fatto dai nostri familiari, io non ne sapevo niente, fu una sorpresa per tutti vedere le persone a cui vuoi bene che ti sostengono, fu una carica in più. La partita di Lecce fu la prova della maturità definitiva. Un gol che ricordo ancora con molto affetto, c’è un tifoso che ha fatto un video dalla curva e ha predetto il gol prima del corner, ce l’ho ancora sul cellulare, ancora oggi lo guardo”. Alcuni episodi difficili compattarono ancor di più quel gruppo, fatto prima da grandi uomini e poi da grandi calciatori: “Quell’anno l’episodio dell’infortunio di Mendicino a Matera unì tantissimo il gruppo. Non volevamo giocare, eravamo scossi. Loro ci hanno un po’ costretto, siamo entrati, abbiamo segnato subito e abbiamo vinto. Poi Lanzaro che volle scendere lo stesso in campo a Catanzaro, nonostante la grave perdita del padre. Fu un grande gesto. Sono piccole cose che succedono fuori dal campo, ma che sono fondamentali…”. Il calciatore varesino ricorda ogni singolo momento vissuto col pubblico salernitano e con affetto la città: “Mi sono trovato veramente bene a Salerno, quando ti alzi la mattina, guardando il mare è straordinario. La cosa bella della città è l’armonia e il calore della gente. L’effetto valanga della Siberiano era fantastico quando si segnava, vederlo dal campo era impressionante. Quando sei sotto al tunnel e senti la Curva, ti vengono i brividi, tra tensione ed emozione. Sentimenti che puoi capire solo quando entri all’Arechi, soprattutto in partite importanti. Ho ancora un video della festa promozione sul pullman e la gente coi motorini dietro: non avevamo organizzato nulla, non ci aspettavamo che il Benevento non vincesse. Le cose inaspettate sono sempre le più belle. Vedere tutta la città che sparava fuochi d’artificio, cori, ingorghi pazzeschi, è stato indimenticabile. A fine partita col Barletta, quando ci buttavamo sotto la Curva, qualcuno mi è salito sopra e mi sono lussato la spalla. Ho fatto tutta la festa con un tutore. Infatti non ho più giocato fino a fine stagione, farmi male nell’esultanza… potevo farlo solo io”.

Colombo racconta anche un buffo infortunio, che coinvolse due suoi compagni, capitato in un allenamento: “Era un giovedì e il mister ci faceva fare scarico perchè non voleva infortuni, tante volte ci lasciava fare solo massaggi o torello, cose blande. Organizzò un calcio tennis, ma lo facemmo senza rete, C’era un campo due contro due, una palla era un po’ a metà, Trevisan e Negro andarono tutti e due di testa, si colpirono e si fecero abbastanza male. Ci fu tanto spavento e da lì fu abolito il calcio tennis”. Il difensore torna poi anche sull’anno successivo, complicato, vissuto in cadetteria: “In B avemmo qualche problema con la categoria, ci abbiamo messo più del dovuto nell’adattarci. Con Torrente non scattò feeling. Aveva delle idee di gioco precise, delle restrizioni; venivamo da un’annata diversa, Menichini ci lasciava più liberi. Quando è tornato lui siamo riusciti a raddrizzare la situazione e a raggiungere l’obiettivo dichiarato a inizio anno, anche se con qualche difficoltà. La vittoria ai playout col Lanciano fu una liberazione: c’era molta tensione, sentivamo il peso di non dover rovinare quanto fatto l’anno prima. Fortunatamente l’abbiamo vinta e siamo riusciti a mantenere la Serie B. Ricordo che noi più vecchietti – e io ho avuto l’onore di essere qualche volta anche capitano – cercavamo di parlare. Credo molto nelle regole che in uno spogliatoio sono fondamentali. Se tutti le rispettano il gruppo va bene. Non è facile farle rispettare, tutti abbiamo caratteri diversi. Quando il gruppo è coeso però raggiunge sempre gli obiettivi”.

Un biennio importante in granata con uno spogliatoio di giocatori importanti e di personalità: “Sento ancora molti compagni di quella esperienza. Tanti mantenevano il morale alto. Gabionetta a volte era introverso, ma gli piaceva scherzare. Moro ci intratteneva con imitazioni e barzellette. I balletti di Troianiello poi sono famosi nel mondo, aveva il suo show e lo faceva spesso, uno come lui dovrebbe sempre esserci in uno spogliatoio. Per caratteristiche tecniche, fisiche e atletiche Gabionetta avrebbe potuto fare di più nella sua carriera, era in grado di spaccare la partita in ogni momento. È stato un po’ limitato da piccole cose fuori dal campo”.Il calciatore della Pro Patria spiega anche il perché del suo addio al cavalluccio, nell’estate del 2016, proprio per tornare nella sua Lombardia: “Quando sono andato via è stata una scelta della dirigenza, sarei anche rimasto a determinate condizioni. Hanno fatto altre scelte, mi avrebbero tenuto come riserva e mi hanno fatto capire che non ero fondamentale nel progetto e non volevano puntare su di me. Tutto è successo molto tranquillamente”. L’ex Albinoleffe cita tanti top player da inserire in una sua ideale top 11: “In porta metterei Handanovic, abbiamo giocato insieme a Udine e vedevi che era una spanna sopra tutti, aveva una tranquillità incredibile. Poi tanti altri fenomeni come Di Natale, Quagliarella, Simone Pepe, Alexis Sanchez, che era un fulmine, D’Agostino che aveva un piede incredibile. Poi c’era un ragazzino che si chiamava Eremenko e mi aveva davvero impressionato, aveva veramente tutto, ma trovò pochissimo spazio”.

Un pensiero anche sulla Salernitana attuale e sull’umore della piazza: “Dispiace che anche quest’anno ci sia stata poca gente allo stadio, so quanto può dare la tifoseria a chi va in campo. La pressione va incanalata nel modo positivo, quando le cose non vanno bene non è semplice gestirla, quando sei spinto dalla passione non sempre ragioni con lucidità. Ma deve essere uno stimolo che deve dare qualcosa in più a tutti quelli che giocano all’Arechi. Capisco i tifosi, hanno ragione, l’anno scorso è stata un’annata deludente, ma nel vedere la Salernitana quest’anno lottare per le prime posizioni serve che la piazza si compatti. Ho visto qualche partita, la squadra gioca bene, Ventura è un maestro, ha vinto tantissimi campionati. Ha avuto problemi in Nazionale, ma in B averlo è un lusso. Lombardi e Cicerelli hanno gamba, talento e qualità nelle giocate. Anche Kiyine qualitativamente è il più forte, deve riuscire a fidarsi un po’ di più dei compagni, a volte gioca un pochino da solo. Può fare la differenza e potrà togliersi potenzialmente soddisfazioni in Serie A. Io spero che si ritorni a giocare, magari solo facendo playoff, e la Salernitana può dire la sua. Certo si giocherà a porte chiuse e questo sarà solo negativo per Salerno”. Nonostante le trentotto primavere Riccardo Colombo ha ancora una voglia matta di giocare a calcio: “Non ci penso a ritirarmi, ho fatto quattro gol e non mi era mai capitato, mi sento ancora bene, finché il fisico regge io voglio giocare ancora. Il calcio è stata la mia vita per vent’anni e non lo abbandonerò. Ho preso il patentino, ma non so se farò l’allenatore. Mi piacerebbe rimanere nel mondo, ma non so in che veste. Non pensavo di fare il calciatore, giocavo nella Pro Patria, facevo l’università, studiavo giurisprudenza e volevo fare l’avvocato, poi la vita mi ha aperto possibilità di fare il calciatore. Mi piacerebbe anche tornare all’Arechi, riaffiorerebbero ricordi meravigliosi”. Commento finale anche sul difficile periodo vissuto a causa del Coronavirus e sulla decisioni dell’Assemblea di Lega Pro sul blocco del campionato di Serie C e le promozioni a tavolino: “Sono stati due mesi difficili, stare lontano dal campo e dalla quotidianità non è stato semplice. Possiamo almeno correre fuori, io riesco a utilizzare il campo da calcio del mio comune e posso correre lì, almeno riesco ad allenarmi un po’. Lo stop della Serie C era un po’ nell’aria, tanti presidenti avevano espresso scetticismo nel riuscire ad applicare i protocolli. C’è rammarico, io sarei tornato a giocare ma capisco le società: il virus è ancora in giro e bisogna fare tante piccole cose per cercare di garantire la sicurezza di tutti”.

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