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Cosa va e cosa non va: l’analisi tattica di Salernitana-Pescara. Complessivamente soddisfacenti le mosse del 3-5-2 granata

Il maestrale puntuale ed elegante spira forte nel golfo di Salerno in una giornata tipicamente estiva e le mura dell’Arechi s’impregnano del suo salino livore: nel tardo pomeriggio, come consuetudine, esso cala ma la Salernitana lo riacciuffa giusto in tempo per spazzare via un Pescara anonimo così come il mare resta inerme ed indifeso davanti alla forza del vento.
Il canonico 3-5-2 di Ventura si dimostra fin dalle prime battute solido, fluido e produttivo, ma ovviamente da consolidare. Dall’altra parte il 4-3-3 di Zauri appare statico, quasi anonimo. Contro un Pescara compassato, eppure sulla carta composto da giocatori di categoria ed esperti ma anche da giovani interessanti (deludenti le prove di Memushaj e Tumminello, su tutti), la Salernitana ritrova una buona e veloce circolazione della palla, dominando e credendo nel possesso della stessa. La squadra di Ventura riesce con rapidi cambi di gioco ad allargare le maglie abruzzesi: questa manovra avvolgente sfrutta l’ampiezza del campo e permette alla squadra di trovare spesso libero Kiyine, abile a puntare l’avversario e a creare la superiorità numerica, essenza del calcio moderno (ma anche del calcio e… basta). Allo stesso modo Cicerelli, forse più di Lombardi, si mostra capace di conquistare ampiezza e profondità, dando giovamento alla squadra e strappando i consensi del pubblico.

Il Pescara tenta di pressare alto per non dare la possibilità di costruire dal basso il gioco ai padroni di casa, condizione imprescindibile dei dettami tattici di Ventura. I granata, però, riescono spesso ad avere coraggio anche in parità numerica, nonostante qualche limite tecnico in questa dinamica di Micai, sempre troppo in ansia nel doversi trasformare nel primo giocatore a sostegno della squadra. Mediocrità tecnica anche per Karo e Jaroszynski che si dimostrano comunque positivi nella circolazione della palla: il polacco disputa una buona partita, palesando però la difficoltà nella lettura di uscite quando puntato (temporeggia poco, pure, quando si trova in situazioni di inferiorità; accadde anche a Lecce). Migliorini, dal canto suo, dimostra di non essere la riserva di Billong. Tutt’altro.
Interessante la posizione avanzata di Di Tacchio sotto le due punte quando il Pescara imbriglia bene la Salernitana non permettendo la costruzione dal basso, perché Micai riesce a scavalcare le due linee difensive pescaresi, cercando lungo il centrocampista granata che, forte della sua prestanza fisica, riesce sempre a dominare gli scontri aerei e spizzare di testa pericolose giocate per i compagni già a 30 metri dalla porta avversaria. L’ex irpino, tuttavia, ha tendenza a farsi attirare troppo dalla palla, cosa deleteria in fase di non possesso perchè a volte crea voragini davanti ai tre difensori (fortunatamente poco sfruttate dai delfini). Sufficiente, comunque, il suo compito da playmaker, pur non avendone le caratteristiche fino in fondo. Discreta partita per Akpa e Firenze, anche se l’ivoriano a volte ritarda le ripartenze della squadra e non ha ancora la capacità di trasmettere velocemente al compagno libero in fascia. Di contro, risulta devastante a palla riconquistata nelle transizioni di gioco.

Il primo gol fotografa la crescita del gioco e del credo del tecnico ligure: possesso paziente, sostegno ai compagni in possesso, capacità di sfruttare l’ampiezza con trasmissioni precise a volte sul corto e al tempo giusto sul lungo, con cambi di gioco devastanti. I due attaccanti granata iniziano a muoversi meglio rispetto alle ultime prestazioni e ad interpretare bene le due fasi di gioco 0 quando hanno la palla e quando non ce l’hanno), forti di una crescita fisica e sopratutto psicotecnica, favorita dalla continua fiducia che il trainer dimostra verso di loro. Probabilmente, Il sagace Ventura sa di non avere al momento adeguate alternative, attende Cerci e forse qualche entrata dal mercato in caso di uscita di Calaiò o Djuric.
A fine primo tempo, i due attaccanti granata ci ricordano con un lampo le giocate del duo Cerci-Immobile del Toro di Ventura: Giannetti sotto punta va incontro alla palla, fa velo e lascia che il pallone raggiunga Jallow, che scarica di prima al compagno smarcatosi grazie ad un contro-movimento, permettendogli di ritrovarsi libero a palla scoperta a pochi metri dall’area avversaria.

La Salernitana è attentissima nell’aspettare l’avversario e capace, nelle uscite, di imbrigliare gli avversari al momento giusto e nella corretta porzione di campo. Gli interni di centrocampo escono bene sui terzini avversari, i quinti si abbassano correttamente per dare copertura sugli esterni alti biancazzurri, i due attaccanti – a seconda del lato da cui sono attaccati – sono precisi a dare la copertura, schermando il play avversario (Giannetti è più attento di Jallow, in questo). A ciò va aggiunta la corretta tempistica di Karo e Jaroszynski nell’uscire dalla propria posizione per pressare l’inserimento degli avversari tra le linee granata. Va ribadito, comunque, come il Pescara si sia dimostrato incapace di accelerare lo sviluppo del proprio gioco, con i due esterni alti inconsistenti nel creare superiorità, quasi mai propensi a cercare i tagli necessari per cercare spazi offensivi o svuotarne spazi per gli accorrenti terzini. Gli interni di centrocampo, l’ex Busellato e Memushaj, sono parsi poco predisposti agli inserimenti e più dediti alla ricerca di possessi troppo “bassi” e con sviluppi poi sempre leziosi e improduttivi. I due terzini biancazzurri, inoltre, Balzano e Del Grosso, non si sono mai pericolosi (solo il primo, raramente, è riuscito a conquistare un pizzico di campo, complice la copertura di Busellato).
Tra le cose che la Salernitana dovrà migliorare, spiccano le rimesse laterali: se effettuate dai quinti, si perdono almeno 20 metri di campo. Occhio anche alle marcature su palle inattive, tema dolente visto il gol del momentaneo pareggio pescarese siglato ieri da Campagnaro. Nella marcatura a zona, la Salernitana non è parsa completamente sicura nel contrastare gli avversari in tali situazioni, vista la tendenza dei difensori a guardare sempre e solo la palla, mettendo in secondo piano la pressione  fisica sull’avversario. Il lavoro servirà anche a questo.

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