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Iannarilli, il rigore di Fidene e l’ospedale di Lucca: “Mi chiamò anche Giaccherini”

È stata un’altalena tra gioia e dolori l’esperienza in granata di Anthony Iannarilli, uno dei tanti prodotti del settore giovanile della Lazio passato per Salerno nei primi anni del duo romano alla guida del club di via Allende. L’inizio non è stato facile per il portiere attualmente in forza alla Ternana: “Salerno è la piazza che ha dato il via alla mia carriera – racconta in diretta su Instagram – Giocare lì a 21 anni e vincere un campionato, anche se di Serie D, e tutte le cose che poi sono successe ti formano. All’inizio partii titolare, poi anche per la questione degli under persi il posto. Nelle ultime partite iniziarono i problemi e in una piazza come Salerno sapete che significa, io magari ero un po’ più libero mentalmente di Sestito e mister Perrone decise di schierarmi. Il rigore parato a Fidene? Penso che siano stati minuti tosti soprattutto per chi stava fuori, io ero con la testa nella partita. Ricordo Pagni dietro la porta che provava a darmi la carica giusta insieme a Mounard e Montervino con le mani nei capelli per la tensione“. Quel rigore infatti permise alla Salernitana di portare a casa un pareggio che contribuì a mantenere il distacco sul Marino ed evitare lo spareggio promozione. Inoltre in quell’occasione l’ex granata conquistò definitivamente la fiducia di Lotito: “Lui con me non è mai andato oltre, si è sempre comportato bene. Certo quando sbagli è normale essere bacchettato, sotto questo punto di vista il portiere è un uomo solo. Proprio con quel rigore credo che abbia capito che poteva fidarsi di me come professionista, dato che i risultati non vengono per caso ma sono frutto di lavoro“.

Da quel momento infatti Iannarilli è diventato stabilmente il numero uno dell’allora Salerno Calcio, fino al brutto episodio dell’infortunio contro il Borgo a Buggiano che ha messo in pericolo non solo la sua carriera: “Sfortuna volle che anche il campo non era granché quindi in scivolata l’attaccante prese subito velocità. Ricordo tutto perfettamente. In ospedale a Lucca mi mancava l’aria, qualcuno chiese una lastra perché si pensava a un polmone perforato per una costola rotta, la dottoressa nel frattempo mi fece fare un’ecografia e subito sbiancò. Mi dissero che dovevo essere subito operato e che mi avrebbero dovuto asportare la milza. All’inizio non me ne capacitavo perché pensavo che non avrei più potuto giocare, ma il mister mi rassicurò dicendo di aver avuto un portiere che non aveva la milza. Anche Giaccherini mi chiamò una settimana dopo l’operazione e fu una bella iniezione di fiducia perché se lui poteva giocare addirittura in Serie A potevo continuare a giocare anch’io“. E anche grazie al sostegno dei compagni così è stato: “Mi sono stati tutti vicino, Luciani rimase con me in ospedale, poi anche tutti gli altri ragazzi che venivano dalla Lazio con cui vivevamo tutti insieme mi hanno dato la forza di fare un recupero lampo. Poi appena tornato in campo a Teramo mi ruppi il naso e dovetti fare un’altra operazione. Con tutti loro abbiamo un gruppo e ci sentiamo quasi ogni giorno. Perpetuini? È da stimare, ha fatto una scelta coraggiosa. Ricordo che comunque lui quando aveva tempo libero studiava, magari gli sono venuti a mancare gli stimoli e ha deciso di anticipare delle scelte di vita“.

E a proposito dei giovani dirottati a Salerno in uscita dal vivaio biancoceleste spiega: “Non c’è stato nessuno che sia venuto a svernare per così dire, anzi eravamo tutti più responsabilizzati proprio perché dicevano che eravamo gli scarti del settore giovanile. In Serie C2 eravamo sette o otto della Lazio quindi vuol dire che tanto scarsi poi non eravamo. Strakosha? Lo vedo un portiere forte, forse uno dei migliori in Serie A. A Salerno dopo l’errore nel derby con l’Avellino è stato bombardato. Io credo che la società debba essere brava a mettere un muro e non farsi condizionare, portando avanti le proprie scelte, con Strakosha non è successo perché poi ci si è affidati a Terracciano, altro portiere di valore vista la carriera che ha fatto e anche lui è stato criticato molto a Salerno“.

Comunque ora la Salernitana è in buonissime mani: “Per Micai parlano i numeri. L’anno scorso ci sono state critiche ma se la Salernitana si salva ai playout sicuramente non è colpa del portiere, quest’anno la squadra va bene e sta facendo un buon campionato. Secondo alla Lazio o primo a Salerno? È personale, ognuno sceglie il proprio destino, ti ci devi trovare per sapere cosa vuoi“.

Le mani di Iannarilli invece non sono mai riuscite ad agguantare la Serie B finora: “Purtroppo quando fai tanti anni in Serie C è dura fare il passo. L’anno scorso, appena arrivato a Terni, avevamo un piede più in Serie B che C, poi sappiamo tutti come è andata. Però la società è forte, la squadra c’è e proviamo a prenderci quello che ci è stato tolto l’anno scorso“.
C’è qualcuno comunque che scommetterebbe su di lui anche nella serie cadetta: “Ringrazio Ivano Pastore che ho avuto come direttore sportivo a Viterbo, dove abbiamo fatto un campionato importante, lui di calcio ne sa tanto, quindi sono parole che valgono molto per me. Nessuno si gioca questo rischio importante, però magari uno come lui, che conosce le mie qualità tecniche, potrebbe scommettere su di me, quindi chissà se in Serie B arriverà qualcuno che mi conosce e decida di puntare su di me. Se chiamasse la Salernitana? Per ora sto bene qui e penso al presente, però se le cose in futuro cambiano sarebbe difficile dire di no a Salerno. Con Fabiani ho un rapporto schietto. Io sarei rimasto, ma c’era un gran portiere come Gori e loro decisero di puntare su di lui, non credo che abbiano mai preso in considerazione una mia riconferma“.

Per l’estremo difensore delle fere, il valore in più di Salerno sono i tifosi, che gli sono stati accanto in un momento difficile: “Se penso al calore e a come vivono il calcio lì, ognuno parla e pensa sempre al calcio 24 ore su 24. Poi ricollegandosi anche al discorso dell’infortunio, loro mi sono stati molto vicini e mi hanno dato molto calore quando sono rientrato la prima volta all’Arechi”. Arechi che ultimamente fatica a riempirsi: “Io credo che il problema sia proprio che alla piazza non vada bene il presidente, se si riesce a trovare la quadra giusta unendo tutte le componenti non ce ne sarebbe per nessuno, sarebbe un’arma in più. Tra Arechi quasi vuoto e Arechi quasi pieno la differenza è enorme. Sicuramente quest’anno la Salernitana stava facendo un campionato importante, quindi credo che la società stia provando a mettere le basi per vincere, non credo che non voglia farlo“.

Sul piano tecnico poi ci sono altri due guide che rendono la squadra competitiva: “Sicuramente il valore aggiunto è Ventura, poi c’è anche una grande squadra. A bocce ferme Salerno non ha niente meno di Frosinone e Crotone, però vedremo come va finire dato che per ora è tutto fermo. Walter Lopez? È il classico sudamericano che da tutto in campo come in allenamento, per lui non c’è differenza. E quando lo vede qualche giovane che magari in allenamento va più piano viene anche motivato a fare di più come lui“.

Chi di sicuro non riprenderà è proprio la Ternana di Iannarilli, dato l’esito dell’assemblea di Lega Pro di ieri: “Era nell’aria, anche se la notizia è fresca e quindi aspettiamo ancora di parlare con la società. Comunque per alcune società era impossibile adattarsi ai protocolli. Peccato perché avremmo potuto giocare una finale di Coppa Italia e ci saremmo potuti giocare anche le nostre carte ai playoff. Secondo me però c’è ancora un po’ di confusione, bisogna aspettare il Consiglio Federale. Secondo me è giusto mandare su le tre prime, è giusto premiare squadre che hanno fatto un campionato straordinario come Reggina e Monza. Sarebbe invece ingiusto fare i playoff solo per determinate squadre, ad esempio noi eravamo quinti, ma a pochi passi dal terzo posto e in più eravamo in finale di coppa, vincerla ci avrebbe garantito un posto ai playoff. Sugli stipendi? Non può essere uguale per tutti, in Serie C ci sono giovani con contratti precari, che guadagnano il minimo, o a cui scade il contratto a giugno e magari hanno una famiglia da mantenere. Noi abbiamo trovato un accordo col presidente venendoci incontro. Non posso dire i dettagli, ma c’è stato un taglio giusto da entrambe le parti. Ognuno ha la sua storia, l’importante è che le società non speculino sui calciatori. È ancora tutto in divenire, purtroppo dobbiamo dare precedenza a questo brutto male che ha fatto tanti morti. Io spero che possiamo fare il ritiro normalmente. Riguardo Serie A e B non so se la seconda possa ripartire come la prima, ma mi auguro che se si riparta per Salerno sia l’anno buono e se non si ripartisse mi auguro che l’anno buono sia il prossimo“.

L’ex granata conclude con qualche aneddoto e qualche bel ricordo legato agli anni in granata: “Ho tre cartoline, il rigore parato a Fidene, l’ultima giornata di Serie D e il saluto della curva dopo l’infortunio. Ho avuto la fortuna di giocare con tanta gente forte a Salerno, ricordo che Ciro Ginestra ci diede una grande mano, segnò un sacco di gol, non sbagliava mai. De Cesare? Con lui ci divertivamo a fine allenamento, ci mettevamo a provare le punizioni. Quando è arrivato a gennaio ci ha dato una mano sia in campo che fuori per vincere. È un pezzo importante della storia della Salernitana. L’aneddoto dell’infortunio in ritiro? Ero in ritardo per partire e iniziai a scendere le scale dell’albergo di fretta, alla fine misi male la caviglia e mi feci male, Pagni faceva la conta e non mi trovava, ma io ero lì a terra nella hall. Gli altri dissero di muovermi ma io non ce la facevo, infatti saltai la prima giornata“.

 

 

 

 

 

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