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Il giramondo Lopez: “Non capiamo la crisi ma con Menichini è tornato entusiasmo. All’andata tifosi fantastici”

Di squadre e nazioni ne ha girate. Ora Walter Lopez pensa alla Salernitana e alla delicatissima sfida col Venezia in programma quest’oggi alle 18. Dopo il 2-1 dell’andata, i granata avranno due risultati su tre per centrare l’obiettivo salvezza e chiudere, a questo punto, nel migliore dei modi una stagione disastrosa. “La salvezza sarebbe il modo migliore per festeggiare il centenario” ha dichiarato l’esperto laterale in una intervista a La Gazzetta dello Sport in cui ha provato a spiegare anche i motivi che hanno portato i granata a doversi giocare la salvezza ai playout: “Siamo finiti in crisi senza sapere bene perché, ci mancava solo una vittoria per salvarci. Da Gregucci a Menichini è cambiato intanto il modulo, siamo passati dal 3-5-2 al 4-3-3. E poi la squadra ha ritrovato un po’ di entusiasmo insieme con i tifosi. Che nella partita d’andata sono stati fantastici”. Intanto il patron dei lagunari, Joe Tacopina, si è ferocemente lamentato per la direzione arbitrale dell’andata: “Sono cose che accadono, a Venezia sarà una battaglia”.

Alla Rosea l’uruguaiano ha parlato anche della sua lunga carriera da giramondo: “Noi sudamericani ci fidiamo di quello che dicono i procuratori che ci portano in Europa. Ho avuto tante opportunità, tutte interessanti. Pero a Brescia dopo la promozione del 2010 sarei rimasto: era il mio primo anno in Italia”.  Serie A conquistata ma mai vissuta: “Vero, la mia stranezza: l’ho conquistata anche col Benevento, ma non ci ho mai giocato. Non ho rimpianti, ma un po’ mi manca, specialmente quella di Brescia, uno squadrone. In attacco c’erano Possanzini, Caracciolo e Flachi. In quel momento ero anche nel giro della nazionale uruguaiana, la mia carriera avrebbe potuto svoltare”.

Per la prima volta Lopez si ritrova a dover lottare per la salvezza: “Sì, in totale ho vinto tre campionati in Italia, uno nella Serie C argentina col San Martin de Tucuman, uno in Paraguay con il Cerro Porteño e uno in Uruguay con il Peñarol. Ho sempre avuto obiettivi importanti, ma un playout non è diverso da uno spareggio promozione. Senti la pressione di una finale, ci vuole la testa giusta”.

Nella sua carriera Lopez ha giocato anche tra Romania ed Inghilterra: “In Romania ho trovato stadi pieni, ma un calcio poco divertente. In Inghilterra ho vissuto un’esperienza importante grazie a Zola. Il calcio inglese è unico, non si fanno i ritiri, ma i giocatori sono professionisti al cento per cento”. E a proposito di allenatori: “Il più importante? Jorge Fossati con il quale ho vinto il campionato in Uruguay con il Peñarol, poi Fabio Gallo che ho avuto allo Spezia. Bravissimo: tra 2-3 anni lo vedo in Serie A. E non dimentico Auteri a Benevento. Ha un modo particolare di allenare, a cominciare dai gradoni, che usa solo lui. E Zeman. A chi mi ispiro? Da ragazzo, Paolo Montero, uno tosto. Ho visto che è il nuovo allenatore della Sambenedettese. Bene, merita di lavorare in Italia. Oggi? Ho solo l’imbarazzo della scelta. Dico Marcelo”.

Ormai Lopez si sente un italiano a tutti gli effetti: “Mi sento italiano, ho altri due anni di contratto con la Salernitana. Ho la famiglia a Lecce e qui voglio fermarmi dopo aver smesso di giocare. Ho trovato grande entusiasmo un po’ dovunque, ma specialmente a Benevento con le due promozioni in due anni. E in Italia sono diventato un difensore completo: alla grinta di un sudamericano ho aggiunto la preparazione tattica che da altre parti non c’è. Dove preferisco giocare? Terzino sinistro nella difesa a 4 o esterno di centrocampo con la difesa a 3. Ho provato solo una volta a fare il centrale ma è stato un episodio”.

 

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