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Il prof Fantoni rassicura: “Per mantenere forma serve equilibrio. Quella volta in Cina con la Sars…”

Il calcio ora è fermo, ma il campionato (virus permettendo) va chiuso entro l’estate. Questa l’indicazione generale, poi naturalmente tutto è ancora imprevedibile. Alla Salernitana mancano dieci partite più eventuali playoff, tutte gare che se si dovessero disputare verrebbero racchiuse nell’arco di poco più di un mese. Un tour de force che metterà senza dubbio sotto stress gli atleti, costretti oggi a mantenersi in forma in privato e non con allenamenti programmati dallo staff tecnico. Una situazione complicata soprattutto quando si tornerà a giocare, ci sarà poco tempo per preparare la prima partita quando arriverà (si spera) il via libera.

I calciatori della Salernitana aspettano e intanto provano a non perdere smalto, ma “non perdere il ritmo partita è abbastanza complicato”. Servirà tanto impegno per ritornare in forma, ma non è impossibile. La rassicurazione arriva dal prof Sandro Fantoni, che a Salerno ha lavorato in due stagioni (2012/2014) e che in tutta la sua carriera ha potuto girare il mondo e anche fronteggiare una situazione molto simile a quella che sta vivendo oggi il calcio italiano: “Mi sono ritrovato nelle stesse condizioni quando ero in Cina con Materazzi nel 2003 – ha detto Fantoni ai nostri microfoni – Ci fu la Sars e il campionato fu fermo per circa tre mesi. Al rientro in campo ci costrinsero a giocare tutte le partite tre volte a settimana e ogni viaggio comportava minimo tre ore d’aereo. Lì però avevamo a disposizione un centro sportivo, la società ci portava in pullman a in questa struttura a 30 chilometri dalla città. C’era di tutto, campi di calcio, palestra, piscine, abitazioni: una  vera e propria foresteria. Ci allenavamo due volte al giorno, il mister Materazzi ci chiedeva di lavorare per settori. Era comunque una situazione difficile da gestire, perché non rispondeva nessuno alle nostre domande e regnava l’incertezza. La paura era caricare troppo i giocatori. Io ho continuato a fare lavori duri perché una volta tolto il carico si fa sempre in tempo a ritrovare la brillantezza”.

Oggi invece non si può lavorare in gruppi, ma c’è la soluzione: “Io sto allenando una squadra di Eccellenza e ho fornito dei programmi di allenamento ai ragazzi. Ho diviso le settimane in blocchi e ogni settimana ha un lavoro specifico: prima lavoro di mantenimento, poi corsa continua, quindi lavoro aerobico e forza esplosiva. Preferisco assegnare blocchi di lavoro perché è più facile per l’atleta seguire indicazioni comuni, anche psicologicamente i calciatori sono più pronti ad affrontare un simile impegno e non potendo seguirli sono più tranquillo”.

C’è comunque il rischio che al rientro in campo ci sia poca preparazione, per questo “serve equilibrio. Io non mi preoccupo eccessivamente perché se hai lavorato bene in estate basta poi sapersi organizzare. Al momento giusto bisogna lavorare molto e poi basare tutto sul recupero. Quando sono stato a Salerno ho lavorato benissimo con Italo Leo per il recupero delle energie tra una partita e l’altra, è stato importantissimo: è questa la chiave, gestire il tempo tra una gara e l’altra al di là del turnover. Serve creare una fusione tra lavoro tecnico e atletico. A volte puoi permetterti di fare dei lavori di sintesi che vanno a sollecitare le capacità fisiche. Ricordo in Coppa d’Africa, con Ze Maria in Kenya: siamo stati a giocare due settimane in Madagascar e anche lì giocavamo ogni 3 giorni. Noi eravamo avvantaggiati perché ci allevavamo in altura a Nairobi. Se lavori con un’ottima fusione di tempi e carichi, quando fai 3 partite a settimane non senti la stanchezza

Saranno tempi strettissimi dal via agli allenamenti alla prima gara ufficiale, il consiglio di Fantoni: “In breve tempo lavorerei su intensità, alzare l’intensità massima di gioco e ritmo gara con partite a pressione. A parte che quando giochi all’Arechi giochi sempre a 200 all’ora sotto la Curva le forze non mancano mai. Mi manca la Curva”.

Impossibile non ricordare l’esperienza a Salerno, il primo ricordo però risale molti anni prima del 2012: “Era il campionato di B del 2000 e io ero alla Fermana. Perdemmo 3-1 ma passammo in vantaggio. Ricordo una bolgia incredibile, non riuscivo a parlare a un metro di distanza dai miei calciatori e io ho una bella voce squillante. Di stadi ne ho girati tanti, ma quella partita la ricorderò sempre. Poi facemmo lo sgambetto al Napoli, dovevo per forza venire a Salerno”.

Quindi, finalmente, il granata: “La prima cosa che mi ha stupito di Salerno è la voglia dei tifosi di stare attaccati alla squadra, il popolo salernitano vuole sempre essere informato perché ama la Salernitana. Non è un tifo che rompe le scatole, ti sta sempre vicino. Quando vinci hai sempre bei ricordi, con Leo lavoravo benissimo: c’era un rapporto quotidiano con scambi di informazione e collaborazione. Mi sento ancora con Italo, poi con qualche ex giocatore come Giubilato e Montervino. Lo stesso Chirieletti che abita vicino casa mia. Salerno è una città spettacolare”.

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