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#NonTiScordarDiMe. Lanni, mediano oggi laureato e manager: “Salerno aveva fame, forse c’è un freno”

“A casa ho due dvd con Poggibonsi-Salernitana e Porto Torres-Salerno Calcio e li ho proprio rivisti in questo periodo”. Esordisce così ai nostri microfoni Marco Lanni, a testimonianza di ricordi indelebili nella sua mente. Di calciatori laureati non se ne vedono tanti, lui appartiene a quella eccezione. Dopo la proficua esperienza con la Primavera della Lazio (allenato anche da Bollini), affrontando e battendo giocatori ora stabilmente in A e B come Perin, Sturaro, Longo, Dezi e Maiello, il centrocampista classe 1992 fu tra i protagonisti della rinascita del calcio a Salerno agli albori dell’era Lotito-Mezzaroma, nella sua prima vera esperienza da giocatore. Ventinove presenze ufficiali nel biennio 2011/2013 per lui. Nove anni dopo, ha brillantemente completato gli studi e lavora in un’azienda nella sua Colleferro, nonostante nella sua vita un posto per il calcio ci sia ancora: “Mi sono laureato due anni e mezzo fa in economia e ho trovato subito lavoro quando sono tornato a casa vicino Roma, svolgo una funzione manageriale all’interno di un’azienda. Ho studiato anche un po’ a Fisciano, quando giocavo a Salerno in D, feci anche quattro esami, poi l’anno dopo quando giocavo in C2 già mi ero iscritto a Roma, dove ho poi terminato il percorso. Ho studiato per tenermi un’alternativa: mi ponevo sempre domande su cosa avrei fatto quando avrei smesso, perché nelle categorie minori il calcio è diverso. Dopo Salerno feci due anni in D, ora gioco tra promozione ed eccellenza, mi alleno la sera e riesco a divertirmi. Ora siamo fermi anche noi. Il calcio è una grande passione per me. Non ho rimpianti, ho sempre dato il massimo e in parte mi sono ritagliato il mio spazio”.

Lanni comincia a sfogliare l’album dei ricordi, quando tutto è cominciato. Nel 2011/12 dopo la crescita in biancoceleste ci fu l’occasione all’ombra dell’Arechi: “Nell’estate 2011 passai un mese continuo in ritiro, perché feci due settimane con L’Aquila e poi venni a Salerno che è stata una grande opportunità da sfruttare. All’inizio la situazione era strana, non avevamo il materiale tecnico, eravamo tutti ragazzi. Dopo arrivarono altri grandi giocatori a formare l’ossatura della squadra come Nicodemo, Giubilato, Montervino; l’anno successivo in C2 ricordo Molinari, Mancini e Gustavo, tutti avevano poco a che fare con la categoria. Per noi giovani c’era poco spazio, giocavamo poco, ma per la crescita interiore Salerno è importante, visto che ti relazionavi con giocatori veri. Eravamo in ritiro a Fiuggi, all’inizio non vivevamo molto il contesto della città. Nella prima di Coppa Italia contro l’Internapoli c’era tanta gente allo stadio e curiosità nell’aria, lì iniziai a capire. È stato bello, si intuiva che sia tra la tifoseria che in società c’era voglia di rivalsa”.

Lanni ha vissuto il passaggio da Salerno Calcio a Salernitana e il comune denominatore erano gli uomini, prima dei giocatori, per fare grande una squadra: “Nel primo anno per me Calori e Chiavaro erano due garanzie, giocatori bravi e che davano una grande mano ai giovani, importanti per il gruppo. L’anno della C c’erano Tuia, Perpetuini e tanti altri, ho legato con molti. Strinsi un grande rapporto con Gustavo e Topouzis che sento ancora adesso. I più esperti arrivavano a Salerno quasi a fine carriera, mi dispiace che Perpetuini abbia smesso e sono felice per Tuia che ora è a Benevento. E poi giocatori come Zampa, Capua, Ricci avevano grandi qualità, nel contesto giusto avrebbero quantomeno potuto giocare in B”.

Il primo anno in D fu positivo, tante presenze e la fiducia di mister Perrone, una fiducia che però venne meno l’anno successivo: “Con mister Perrone avevo un bel rapporto, ci siamo rincontrati anche qualche anno fa. Nel secondo anno collezionai sei presenze fino a novembre, l’ultima a Poggibonsi dove giocai bene. Mi aspettavo che, a campionato chiuso, nelle ultime partite, dando spazio un po’ a tutti, mi facesse giocare. Non capii perché non successe e fu un grosso smacco per me perché davo sempre il massimo. Non so se la scelta fu del mister o di qualcun altro. L’anno dopo voleva che rimanessi, ma rifiutai; già l’anno prima stavo per andare via a gennaio. Credo che in un rosa da Serie C potevo ritagliarmi il mio spazio comunque, per questo fu un brutto colpo”.

Il rapporto con i tifosi e quello con i compagni. Lanni custodisce gelosamente i suoi flashback: “Ricordo quando perdemmo a Civitavecchia, il martedì dopo l’allenamento tornammo tutti in albergo e, affacciandomi dalla finestra della mia camera, c’erano tantissimi tifosi che ci contestavano. In hotel era quasi come il Grande Fratello, stavamo tutti insieme ed era bello condividere tante cose. Giocavamo a RisiKo con Polani, Pacini e Proia; Mounard era un matto, faceva ridere tantissimo. Biancolino si arrabbiava in campo, una volta mi riprese perché calciai da fuori e non gli passai il pallone. Gli allenamenti non mi occupavano tutta la giornata, facevamo un solo giorno doppia, poi ci allenavamo o mattina o pomeriggio e nel tempo libero studiavo almeno quattro ore al giorno. Alcuni compagni mi prendevano in giro, Perpetuini poi si mise a studiare con me perché lui faceva odontoiatria. C’era una sala inutilizzata all’hotel che occupavo per ritagliarmi un po’ di concentrazione, molto spesso il personale non lo sapeva e facevano irruzione involontariamente (ride, ndr)”.

Nove anni fa partì la gestione Lotito-Mezzaroma con chiari obiettivi di rivincita per la piazza salernitana: “Ho conosciuto un po’ Lotito, mi ricordo venne a Poggibonsi, a Monterotondo. Ci stava vicino fisicamente e, quando non riusciva, anche a distanza; ci mandava sempre messaggi per trasmettere positività. Voleva riportare la Salernitana dove meritava, l’obiettivo era ben chiaro e condiviso, lo sapevamo tutti. Quando questa proprietà ha voluto vincere ha vinto e quindi potrebbe farlo anche in B. Ora però non conosco altre dinamiche, ma anche da fuori c’è la sensazione che ci sia un freno. La piazza sicuramente merita palcoscenici come la Serie A. Inconsciamente se il tifoso ha un limite si frena, se può sognare va allo stadio e sta sempre vicino alla squadra. La rosa attuale è competitiva, sono curioso di vedere alcuni giocatori come Cerci al 100%”.

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