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Quasi un anno di stop: Covid frena i progetti della “Salernitana for Special”

Quasi un anno senza calcio, senza maglia granata, senza attività importantissime per gli atleti speciali che avevano da poco ottenuto anche il riconoscimento ufficiale sotto l’egida della FIGC per i loro tornei. Ieri è stata celebrata la giornata mondiale della disabilità in un clima che penalizza, ovviamente, soprattutto chi della socialità – e del calcio come mezzo principe – ha bisogno più degli altri. La Salernitana For Special, squadra di atleti con disabilità cognitivo relazionali che da tre anni partecipa al campionato organizzato nell’ambito del progetto Quarta Categoria, non può beneficiare delle misure riservate ai professionisti: al pari delle altre realtà simili nate nel territorio nazionale e di quelle dilettantistiche, deve restare ferma. Ma è uno stop che fa più male.

Carlo Noviello, presidente della comunità “Villaggio di Esteban” e della squadra di calcio Salernitana for Special, racconta l’esperienza dei ragazzi costretti falle necessarie restrizioni imposte dalla pandemia a rinunciare a momenti di svago e aggregazione fondamentali per tutti e speciali per loro. “Avevamo iniziato il campionato a febbraio, poco prima del lockdown – spiega Noviello ai nostri microfoni – Partecipiamo al campionato laziale perché in Campania purtroppo non siamo mai riusciti a metterlo in moto dopo vari tentativi. Avevamo fatto la prima giornata, con due partite giocate a Roma, poi la chiusura. C’era stata una piccola ripresa degli allenamenti ma il campionato era stato definitivamente interrotto. In estate sembrava si potesse ripartire, ma dopo timide speranze ci siamo resi conto subito delle difficoltà. Inoltre anche i ragazzi e i loro genitori non erano tranquilli: sarebbe stato più uno stress che un vantaggio iniziare le nostre attività in queste condizioni è così la FIGC non ha dato il via libera“.

È difficile per i componenti della squadra privarsi di attività di ricreazione, soprattutto in un periodo in cui si è anche obbligati a ridurre al minimo i contatti con gli altri: “Questi periodi di lontananza, di chiusura, in cui non possiamo vivere normalmente le nostre attività sono già difficili per noi, in particolare quindi per loro. Facendo parte di un campionato che fa parte della Figc, avevamo in teoria tutti i protocolli e le linee guida per fare attività sportiva; infatti si potrebbe pensare di organizzarsi per riprendere, ma la preoccupazione che possa succedere qualcosa è troppo grande, anche dal punto di vista della responsabilità che abbiamo nel salvaguardare i ragazzi“.

I ragazzi hanno accolto questo cambiamento in modi diversi: “Tra di loro c’è chi ha reagito con più superficialità, addirittura ci sono ragazzi che mi chiamano chiedendo quando inizia il campionato; invece ce ne sono altri che sono estremamente spaventati. Inoltre c’è anche il problema di dover affrontare vere e proprie trasferte, in cui ogni imprevisto sarebbe stato complicatissimo da gestire così lontano da casa. Rimanendo nella zona già il discorso sarebbe un minimo diverso. Speriamo che il nuovo anno ci riporti alla tranquillità senza bisogno di controllare tutte le piccole attenzioni in più che sono necessarie in questo momento, come mascherine, distanziamento, utilizzo degli spogliatoi. Inoltre noi non facciamo solo attività di calcio, ma anche sociale quindi gestire tutto è complicato in questo momento“.

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