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Ribéry proiettato al futuro: “Voglio aiutare i granata a salvarsi. Obiettivo? Diventare allenatore”

Sono a Salerno in questo momento e mi unirò alla squadra come vice-allenatore. Spero che con la mia esperienza possa aiutare la squadra ad uscire dalla zona retrocessione“. Frank Ribéry si apre alle colonne del quotidiano tedesco Bild e parla anche di Salernitana. L’asso francese ha fatto ritorno in Campania dopo il compleanno della figlia festeggiato in Germania e, così come accaduto durante il corso di Davide Nicola, “Frero” affiancherà Paulo Sousa e il suo staff come collaboratore nella restante parte di stagione. Iervolino sta puntando su Ribéry come uomo copertina della nuova Salernitana, ma non solo. Il vento di internazionalizzazione è sotto gli occhi di tutti, anche grazie all’arrivo del tecnico portoghese. Con l’avvicendamento in panchina anche il ruolo del francese potrebbe subire un “up-grade”.

Futuro e panchina

L’ex Bayern Monaco ha parlato soprattutto di futuro. O meglio, del proprio futuro. L’aspirazione, mai nascosta dallo stesso numero 7, è di diventare ufficialmente un allenatore: “Questo è il mio obiettivo. – ha detto al quotidiano Bild – Ringrazio la Salernitana per avermi dato fiducia come vice-allenatore. Questo mi dà anche l’opportunità di prepararmi per il mio diploma di allenatore. Essere un allenatore mi darà quello che già mi manca, vale a dire la pressione prima di una partita, la preparazione, l’allenamento, i tifosi, l’atmosfera… ne ho bisogno per essere felice. Ho imparato tutto nella mia carriera e ho incontrato grandi formatori che mi hanno trasmesso la loro passione e conoscenza. Quindi penso di avere buone prospettive per diventare un allenatore”.

Salernitana-Roma, Ribéry

 

“Da quale allenatore ho imparato di più? Probabilmente non da Louis Van Gaal, con cui continuavo a litigare…”. Ribéry ha ripercorso la sua carriera con occhi diversi, maturi. Il rapporto con allenatori e staff è al centro dell’intervista: Per me la cosa più importante è che ci sia una perfetta simbiosi tra i giocatori e l’allenatore e che entrambe le parti si apprezzino e si rispettino. L’allenatore deve creare una buona comunità, nella quale tutti i giocatori devono sentirsi importanti. È così che funziona una squadra per me, a volte sono importanti semplici dettagli come un abbraccio, un ciao, delle parole che permettono di piacersi e motivarsi quando non si è di buon umore. Mi piace ripensare ai miei primi anni con Ottmar Hitzfeld o Jupp Heynckes, quando esisteva questo tipo di comunicazione in squadra. Questo mi ha permesso di essere sempre al top. Pep Guardiola era un ottimo allenatore, il nostro rapporto è buono. Ma ho avuto il miglior feeling con Hitzfeld, Heynckes e anche con Carlo Ancelotti, che è una persona fantastica. Con questi allenatori ero al massimo della forma, lucido e mi divertivo come un ragazzino”.

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