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Salernitana “condannata” a imporre gioco: analisi del match col Padova e dei punti su cui lavorare

La netta vittoria ottenuta dalla Salernitana contro il Padova di Bisoli certifica la bontà dell’organico a disposizione di Colantuono e giustifica i propositi ambiziosi covati dalla tifoseria e dalla società granata.
Un risultato che non ammette repliche e regala anche la possibilità di analizzare serenamente i novanta minuti disputati contro i biancoscudati patavini.
Operazione necessaria ad acquisire la consapevolezza, da parte dell’intero universo granata, che bisogna lavorare ancora molto. Un lavoro teso a migliorare la qualità del gioco offensivo collettivo e a far crescere le prestazioni individuali attraverso una prova di squadra che esprima anche un’identità tecnico-tattica capace di intimorire gli avversari prima ancora di incrociarli sul manto erboso.
Un’analisi al chiuso dello spogliatoio, franca ed esigente, che tenga lontano il legittimo entusiasmo della tifoseria e aiuti il gruppo a focalizzare l’attenzione sui tanti aspetti calcistici che ancora necessitano di accurata manutenzione affinché Schiavi e compagni possano trasformarsi, nel prosieguo della stagione, in un’autentica macchina da guerra. Perché la Salernitana vista all’opera ieri, nonostante il tris rifilato al Padova, non è ancora un collettivo che esibisce in campo il piglio del protagonista, orientato con convinzione a dettare legge e far valere pienamente il suo notevole potenziale tecnico.
La Salernitana attuale infatti, al netto delle comprensibili motivazioni legate alla fase iniziale della stagione e ad un rodaggio tattico ed atletico da completare, è una squadra che non riesce ancora ad esprimere una consapevolezza tangibile della sua forza. I suoi approcci al match restano insicuri e contratti, troppo timorosi al cospetto dell’avversario settimanale. E’ successo contro il Palermo, a Lecce ed anche con il Padova sono stati diversi i momenti in cui la squadra non è riuscita ad esprimersi con il carisma che dovrebbe conferirle la qualità dell’organico. L’umiltà che suggerisce di non ritenere scontate le partite apparentemente abbordabili è sicuramente un aspetto positivo e sinonimo di intelligenza, ma attenzione a non darle la possibilità di ridimensionare gli effetti positivi procurati da una condotta di gara più audace. Un coraggio da alimentare, giustificato dai tanti calciatori di caratura tecnica superiore presenti in rosa, non una mania di grandezza fine a se stessa.
La Salernitana è una squadra che possiede lo spessore tecnico per vincere le partite imponendo il proprio gioco, il tema tattico studiato alla vigilia del match. I granata hanno la qualità calcistica per produrre trame imprevedibili ed avvolgenti, soluzioni tattiche capaci di esaltare le spiccate individualità all’interno di un collettivo altamente organizzato. Troppo riduttivo e rischioso pensare di edificare i successi di una stagione puntando esclusivamente sulla giocata del singolo che capitalizzi gli episodi innescati dagli errori altrui. L’organico allestito dalla società è di fascia alta, Colantuono deve in fretta uniformarsi a questo dato tecnico oggettivo.
La compagine diretta dal trainer laziale, al momento, è abile e cinica nello sfruttare le ingenuità avversarie (le due commesse dalla difesa leccese), le prodezze dei singoli (le accelerazioni di Jallow, gli strappi dinamici di Akpro, il tiro eccezionale di Di Tacchio), ma non ha ancora esibito un possesso palla in grado di creare superiorità numerica, di sorprendere gli avversari tra le linee e sugli esterni.
Mentalità speculativa che, a lungo andare, potrebbe anche penalizzare una stagione partita per essere vincente. Perché per avere la meglio sulle squadre di pari valore non sarà mai sufficiente attendere e sfruttare l’errore. Per un semplicissimo motivo: la squadra tecnicamente attrezzata spesso punisce il tuo eccessivo attendismo, e allo stesso tempo commette meno errori in fase difensiva, costringendoti a trovare un’identità offensiva ricca di soluzioni imprevedibili. Inoltre la Salernitana, come tutte le squadre costruite per imporre il gioco, è strutturalmente condannata a fare il match, non ad inibire quello altrui.
I granata devono difendersi esprimendo un gioco più propositivo ed aggressivo. In entrambi i casi il risultato è garantito. Perché recitare da protagonisti, forzando la giocata, aumentando la velocità di circolazione del pallone, alzando il baricentro con i reparti stretti e corti, significa valorizzare il tuo potenziale tecnico ed ammansire più facilmente l’avversario.
Estremamente importanti, pertanto, risulteranno gli insegnamenti di Colantuono sulla necessità di conferire alla squadra un pressing coordinato che limiti al minimo i numerosi sfilacciamenti registrati tra i reparti nelle prime tre esibizioni della stagione. Quando la squadra è piatta e si preoccupa semplicemente di dar vita ad un 3-5-2 scolastico, essa subisce spesso il gioco dei rivali e fa fatica a riproporsi in fretta e incisivamente nella metà campo avversaria. Un atteggiamento, inoltre, che non riesce nemmeno a limitare l’agibilità tra le linee di attaccanti e trequartisti avversari. Perché l’esplosività e la costanza atletica è presente solo nei muscoli di Akpro e nella capacità di anticipare l’uomo assicurata da Perticone. Mentre Gigliotti, Schiavi, Di Tacchio e Castiglia hanno una struttura fisica che impedisce loro di svolgere con continuità un lavoro ad elastico che consenta alla squadra di essere sempre stretta e corta. Quando la squadra granata riesce ad avere dei riferimenti in marcatura, la sua tenuta difensiva migliora, alla pari della sua capacità di incidere di rimessa una volta rubata palla. E’ accaduto anche ieri quando i ragazzi di Colantuono, in difficoltà a prendere le misure al Padova, hanno abbandonato l’iniziale 3-5-2 accademico per affidarsi ad un 3-5-2 più aggressivo. Con gli interni (Akpro e Castiglia) a portare immediatamente pressione su Cappelletti e Pulzetti, e Di Tacchio posizionato a ridosso della retroguardia per consentire ai centrali difensivi granata di uscire prima in marcatura sugli attaccanti veneti.
Pertanto, il primo dilemma tattico della stagione è il seguente: Colantuono proverà ad aumentare considerevolmente il tasso d’aggressività della squadra, spalmandolo a copertura di gran parte dei novanta minuti, oppure lavorerà sulla varietà delle soluzioni offensive al fine di mettere in pratica l’antico adagio che assegna alla capacità di attaccare il miglior sistema per difendersi? Colantuono opterà per una condotta sempre più aggressiva e finalizzata a colpire l’avversario di rimessa, oppure troverà il modo per inseguire la vittoria attraverso un gioco meno dispendioso dal punto di vista atletico e più attento a liberare la qualità tecnica a sua disposizione?
In entrambi i casi il lavoro da effettuare – tecnico, tattico, atletico e mentale – si presenta abbastanza corposo. Ma anche necessario, perché una squadra che esprima un ibrido di queste due differenti mentalità è destinata a svilire il suo enorme potenziale tecnico ed a concedere maggiori chance alle ambizioni delle compagini rivali.

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