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Ventidue anni fa lo 0-0 col Venezia e la gioia composta per la Serie A: giorni mai rivissuti

Spezzare la lunghissima, interminabile e mai come ora insopportabile (per tutto ciò da cui è stata causata) astinenza dalla routine del “pane e Salernitana” affidandosi all’album dei ricordi è una sorta di arma a doppio taglio. Da una parte l’inevitabile malinconia, dall’altra quel brivido che ancora percuote anima e corpo e che può e deve dare stimoli nuovi per uscire da tristezza e rassegnazione. Ventidue anni fa Salerno festeggiava la storica promozione in Serie A dopo lo 0-0 col Venezia di Walter Novellino in un Arechi strabordante di tifo, colore e passione. In quarantamila sugli spalti a lasciarsi andare al liberatorio grido di gioia al triplice fischio finale dell’arbitro Sirotti. Anzi più. Erano i tempi in cui non c’erano biglietto nominale, doppia recinzione e tornelli, in cui i ragazzi entravano gratis con l’addetto ai controlli che spesso e volentieri chiudeva un occhio. Non c’erano internet ed i social ma non per questo le immagini dei ricordi sono meno nitide negli occhi di chi li ha vissute. Una squadra partita in sordina ma che settimana dopo settimana, partita dopo partita, goleada dopo goleada, capì che i panni di corazzata non gli stavano poi tanto stretti. Il dieci maggio 1998 Salerno gioiva per aver ritrovato dopo 50 anni la Serie A ma nel frattempo piangeva le vittime dell’alluvione di Sarno, Siano e Bracigliano, roccaforti di una provincia interamente bardata di granata. Un’atmosfera surreale, un mix di gioia e dolore che è un po’ il filo conduttore della storia della Salernitana, condannata da non si sa quale anatema a non potersi mai godere appieno tutti i momenti di gioia (per la verità non tantissimi) della sua ormai centenaria storia. Il minuto di raccoglimento osservato in maniera composta da Balli, Del Grosso, Fusco, Franceschini, Tosto, i fratelli Tedesco, Breda, Galeoto, Artistico e Di Vaio, titolari in quella partita. Poi dieci minuti di interminabile silenzio della Curva Sud, con Ciccio Rocco e il Siberiano leader e trascinatori di un movimento unito e compatto, in casa e in trasferta dove al seguito della Rossilandia si registravano autentici esodi di massa. Già lui, il Profeta Delio. L’uomo capace di plasmare una macchina perfetta in cui nel 4-3-3 ogni ingranaggio girava al posto giusto senza la benché minima sbavatura. Ultimo, ma non di certo per importanza, Aniello Aliberti. L’uomo che forse prima di ogni altro credette nelle potenzialità di quella squadra e nel sogno Serie A. Accettando il “ricatto” del collega pescarese Scibilia pur di riportare Delio Rossi alla base: 700 milioni per Renato Greco, non proprio un cecchino infallibile fino a quel momento ma che pure seppe mettere la sua firma sulla promozione. Di firme ne misero tante, 33 in totali, Artistico e Di Vaio. Inseparabili in campo e fuori, uniti dalle comuni origini romane e consacratisi in tandem in un ambiente in cui entrambi avevano trovato stimoli e occasione di riscatto. “Questa volta si, Serie A”, il coro che scandiva l’Arechi a scacciare via i fantasmi dei due quinti posti consecutivi delle precedenti stagioni. “A voi”, la dedica speciale di calciatori, staff e dirigenti a sfilare sul prato dell’Arechi a fine gara con un occhio agli spalti e l’altro al cielo. Una festa composta che trovò naturale sfogo qualche settimana dopo con un’interminabile serie di happening in giro per città e provincia, con gli eroi granata a sfilare a mo’ di divi hollywoodiani. E poi i banchetti del “merchandising alternativo” quotidianamente appostati: nell’epoca in cui il calcio aveva denaro ma ancora una dimensione provinciale, la Salernitana era un brand che tirava tantissimo anche per la leadership regionale guadagnata con la retrocessione in B dei cugini del Napoli. C’erano tutti gli ingredienti per aprire un ciclo vincente. Il resto è storia tristemente nota. Ma oggi è sì il giorno dei ricordi, ma di quelli belli. Ventidue anni dopo c’è chi può dire con orgoglio ed a testa alta “io c’ero” e chi spera di poterci essere in un prossimo futuro. “M crerev ca murev e stu juorn nun verev”: noi la Serie A l’abbiamo vista, non le nuove generazioni. Una sfida che Salerno, ma soprattutto la Salernitana e la sua dirigenza, possono e devono vincere in un futuro si spera il più prossimo possibile.

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