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Ventura pensa positivo: “Felice dei primi step, ora serve personalità. Kiyine? Da quinto è nel vivo”

SAN GREGORIO MAGNO (SA). Sedici giorni di ritiro, comincia a crescere la Salernitana di Gian Piero Ventura. L’ex Commissario tecnico della Nazionale sta plasmando la squadra cercando di dargli più possibile la forma desiderata, consapevole però che quando l’ha raccolta era ancora una massa senza identità. Il rigore di Di Tacchio a Venezia ha permesso ai granata di mantenere la categoria, ma per Ventura “quello è stato un anno zero”. Si resetta tutto e si comincia dall’inizio, dalle fondamenta. “Stiamo costruendo”, il messaggio che il tecnico della Salernitana lancia più volte nel corso della conferenza stampa che riassume le due settimane di lavoro (mancano due giorni ancora alla fine del ritiro, la squadra tornerà in città giovedì pomeriggio per il triangolare dell’Arechi). Ventura sorride, come suo solito scherza e si mostra tranquillo. Ma soprattutto consapevole del buon lavoro svolto che però non è ancora affatto sufficiente: “Sono soddisfatto di queste due settimane di ritiro, ho trovato risposte da quelli che erano i presupposti di quando eravamo partiti – l’esordio del tecnico davanti ai microfoni – Siamo partiti dopo un’annata difficile, dove sono successe tantissime cose non positive e c’era da ricreare la base affinché la squadra avesse pensieri positivi. Questo è stato il primo lavoro che è stato fatto e sono abbastanza soddisfatto”.

Prima la mente, poi il corpo. Le squadre di Ventura vincono con la testa, ma anche con una condizione atletica che permette di giocare a calcio a ritmi elevati: “C’era da lavorare con un gruppo di calciatori nuovi, ho trovato una disponibilità quasi totale e quindi li ringrazio. Ringrazio anche il Comune, gentilissimo nei nostri confronti. Sotto l’aspetto del lavoro, a parte qualche intoppo come Firenze e Akpa che hanno avuto problemini, direi che tutti hanno seminato per avere una condizione ideale. Oltre al lavoro fisico abbiamo fatto un lavoro mentale, 50% sulla squadra e 50% per eliminare le scorie dell’anno scorso. Abbiamo fatto notevoli passi avanti. Siamo qua da due settimane insieme, sono stati giorni positivi”.

Preso per parlare di obiettivi, quello che conta è la “mentalità e l’identità”. La lunga esperienza di Ventura aiuta in tal senso: “Ho parlato con il mio collaboratore De Patre con cui abbiamo vinto tre campionati consecutivi. Mi diceva che allora dopo un mese eravamo molto più indietro rispetto a questa squadra oggi. Questo è merito della disponibilità, non della qualità di squadra. L’anno scorso è stato una sorta di anno zero, si è rischiata la retrocessione. C’è da ricostruire un modo di essere, una mentalità. In questo contesto è impensabile che in dieci giorni si possa risolvere tutto. Ci sono degli step”. E quindi un passo alla volta, anche per quanto riguarda il lavoro strettamente tattico: “Una squadra è formata da una linea difensiva, una linea di centrocampo e una di attacco. Si parte dalle fondamenta, quando la difesa inizierà a giocare con la giusta personalità allora si passerà ai centrocampisti e così via. Oggi gli attaccanti toccheranno quattro palle a partita perché ci manca ancora serenità, ma loro lo sanno e hanno pazienza. Ma anche con quei quattro palloni si può fare qualcosa. Come tutte le costruzioni, c’è bisogno di tempo ma noi siamo in anticipo. Ora c’è il passaggio successivo, quello della personalità. Si può avere più o meno qualità, ma la personalità può fare la differenza. Stiamo lavorando in questo senso, la società sa che avrei voluto iniziare il ritiro con una squadra fatta però direi che quelli che ci sono hanno capito in che direzione lavorare. Ci sono i presupposti per fare qualcosa di interessante”.

Si cominciano a vedere i primi segni di venturismo su questa squadra. Palla che parte dal basso, gioco nello stretto e intensità nel pressing: “Ma c’è tutto da migliorare. Io dico ai miei giocatori di farsi delle domande: chi siete, cosa volete diventare e cosa fate per diventarlo. Lo stesso discorso per la squadra. Cosa vuole fare questa squadra? Una volta che lo si decide, bisogna decidere anche la strada da percorrere. Se si ha una mentalità propria, si può fare tutto. La Spal ad esempio, ha identità, struttura e mentalità e adesso è al terzo campionato di Serie A consecutivo. Non è attraverso l’acquisto dei calciatori che si vince, ma creando un contesto inattaccabile. Ma il contesto va creato. Qui c’è da costruire tutto, cerchiamo di fare il prima possibile ma senza mettere stress ai calciatori. Questi giocatori non hanno ancora serenità, va creata”. Un esempio: “Se perdi il pallone e dieci compagni recuperano il tuo errore allora non hai più paura di sbagliare. Se invece nessuno ti aiuta, non osi più perché hai paura di sbagliare. Questo è il mio concetto di squadra”.

Quindi qualche accenno anche sui singoli, su tutti la stella (al momento) del calciomercato Sofian Kiyine: “Ha le caratteristiche per fare l’esterno. Io a Verona sono stato 20 giorni e poi ho lasciato perché non c’erano i presupposti e i fatti mi hanno dato ragione, parlo di difficoltà societarie. Ho avuto l’occasione di vedere un calciatore ai margini che poteva giocare in quel ruolo, perché lì riesce a diventare sé stesso. Ha qualità, però in mezzo al campo a volte si perde mentre largo determina. In quelle tre partite fece tre prestazioni molto buone, tanto che il mio telefono squillò spesso. Penso sarà una grande occasione per lui, se centra il campionato nessuno gli vieta di ambire a essere un calciatore importante l’anno prossimo in Serie A. Migliorini e Billong sono due alternative, in una difesa a tre difficilmente possono giocare insieme. Maistro ha fatto bene con il Picerno, ma quello che ha fatto in occasione del gol andava fatto anche nei primi 35 minuti. Per i calciatori giovani è molto più facile apprendere, sono concettualmente vergini mentre quelli più avanti nell’età hanno il loro dna già formato. Ma attraverso la disponibilità si può imparare tanto. Siamo ancora al 30% di quello che possiamo fare. Dispiace non avere avuto Firenze, ma dispiace più a lui perché ci tiene tanto”.

Giovedì ci sarà il primo test all’Arechi, ci si aspetta un numero importante di pubblico: “Il numero consistente di tifosi è uno dei nostri obiettivi, se ci sarà li ringrazio in anticipo. Ma giovedì non sarà un test importante, sarà solo un test. Noi ci alleneremo due volte anche domani e poi giovedì mattina, per me quello che conta è il lavoro, ma certamente è la prima partita che giochiamo a Salerno e teniamo a fare bene. Domenica abbiamo giocato contro una squadra più lucida, ma ricordo che siamo a un mese dal campionato. C’è tanta voglia, domenica c’erano 1500 tifosi ma la città deve sapere che per ritornare grandi non servono parole e promesse, ma lavoro e professionalità. È importante giovedì, ma diamogli l’importanza che ha sempre un triangolare con due amici. E poi io abito a Bari, non mi sento di batterli (scherza, ndr) perché altrimenti non posso più andare a prendere il caffè in città. Il triangolare del centenario sarà una festa, se vogliamo iniziare a essere diversi però dobbiamo pensare in modo diverso. Ricordo il primo allenamento in un’altra squadra, mi chiedevano di andare a vincere a San Siro. Ma per vincere lì ci devi andare a giocare, poi a distanza di poco ci siamo riusciti. Ma bisogna creare i presupposti. Partiamo quasi da zero, da un anno che ha resettato tutto. Questa è un’occasione importante per Salerno e la Salernitana, sono venuto qui per amicizia e non per denaro. Ma soprattutto mi piacerebbe essere ricordato non per il risultato sportivo, ma per quello che ha riportato l’entusiasmo e i tifosi all’Arechi. I tifosi mi hanno chiesto la maglia sudata, lo garantisco al 100%. Poi non parliamo di risultati sportivi, perché un palo può cambiare la vita. E non ditelo a me”. Chiaro il riferimento al legno colpito da Florenzi nella sfida con la Svezia.

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