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Editoriale

Vicini ma… distanti: per i granata è derby senza “avversari”

Salernitana-Napoli non è una gara qualsiasi, probabilmente non è nemmeno corretto ridurre il concetto sintetizzandolo come “un derby”. Salernitana-Napoli è una delle gare più attese dalla tifoseria granata. Sconfitta di tutti, si scade nella retorica, giocarla per il secondo anno consecutivo senza tifoseria ospite. Perché la Campania, ed il calcio in questo non fa eccezione, è attesa da anni al salto di qualità che si tradurrebbe in quella fiducia necessaria a garantire porte aperte e diritto per entrambe le tifoserie, in entrambi gli stadi, di prendere posto ed assistere ad una festa dello sport. Tutto rimandato, a data da destinarsi tendente al “domai” viste le immagini poco edificanti degli assalti autostradali e degli agguati con “alleati” di medievale memoria.

C’è una parte di tifo che sta provando a voltare pagina, a lanciare segnali di disgelo e creare dialogo in un rapporto, quello tra supporters del “Cavalluccio” e del “Ciucciariello”, da tempo caratterizzato solo da astio ed offese che andavano ben oltre il semplice sfottò calcistico. Perché sia a Salerno che a Napoli, il sostegno per la squadra è una sorta di culto; se solitamente dal risultato di una partita dipendono umori e sentimenti, a queste latitudini il rendimento del club ha il potere di far passare in secondo piano questioni di cronaca, nefandezze politiche o mai risolte mancanze in termini di qualità della vita. Da sempre la tifoseria partenopea strizza l’occhio al calcio argentino grazie anche alla militanza in azzurro del suo massimo esponente, Diego Armando Maradona. La “torcida” granata, parimenti, è definita come una delle più sudamericane del panorama italiano, per passione, sonorità e trasporto. Sia da Salerno che da Napoli, quando possibile, partono carovane di tifosi ad ogni gara esterna per la gioia della società ospitante di turno, grazie anche – appunto – alla sempre folta schiera di “fuori sede” emigrati per lavoro nei decenni.

Questo e tanto altro accomuna le due massime espressioni del calcio campano, che però non si vedono di buon occhio. Se ne è avuta conferma nella passata stagione, ma anche a cavallo del cambio di millennio, quando le due squadre si sono incrociate in Serie B. Il Napoli non era ancora nelle mani di De Laurentiis e pativa sul campo gli effetti devastanti di cattive gestioni. La Salernitana di Aliberti (che al pari di Iervolino è imprenditore originario della provincia napoletana) era invece realtà consolidata in cadetteria fino al fallimento del 2005, quando granata e azzurri si ritrovarono in terza serie. Solo l’intervento della Lega favorì una separazione nei due gironi, con la Salernitana inserita nel raggruppamento del centro nord. In quegli anni lontani dalla massima serie, il Napoli si è cimentato in altri derby regionali: Avellino (finale playoff per la B), Juve Stabia e Savoia, partite che – dalle parti di Fuorigrotta – vengono assimilate a quella di questo pomeriggio. A Salerno, dicevamo, questo è “il” derby e non “un derby” per le legittime ambizioni di una progettualità che consenta di stabilizzarsi in massima serie, per la voglia di non vivere sportivamente all’ombra di Napoli, ma anzi costituirne credibile antagonista, per portare avanti il tifo della squadra cittadina e non per quella vincente più prossima. Senza voler essere offensivi con nessuno, Salerno si è sempre vantata di aver tenuto fede alla sua identità e di non aver ceduto al “fascino” del capoluogo regionale, anche negli anni più bui della rinascita dagli inferi. In una provincia, quella salernitana, dove il sostegno storicamente è per il Napoli, l’astio verso i granata ha generato tensioni forti negli anni, spesso anche superiori a quelle vissute con gli stessi partenopei. La strada da seguire è quella della maturità e del dialogo, perché un salto di qualità si effettua a tutti i livelli, dal piano sportivo a quello della tifoseria.

A De Laurentiis il merito di essersi issato in meno di 20 anni dalla polvere della terza serie ai vertici del campionato italiano ed agli onori del calcio europeo. A Iervolino l’augurio di riprodurre una simile scalata alla guida della Salernitana.

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